Di fronte al sorgere di nuove figure di danno fisico diverse dalle tradizionali ormai assestate sul terreno giuridico, si pone oggi il problema della individuazione di altri interessi rilevanti ex art. 2043 c.c., tra i quali viene fatta rientrare da alcuni la figura del danno esistenziale.
Il danno esistenziale si configura come l'effetto della lesione di un aspetto dell'integrità della persona che non si presta a un'agevole indagine e che presenta spesso profili sfuggenti non facilmente distinguibili dal profilo del danno morale subiettivo; infatti la giurisprudenza talvolta preferisce liquidare il danno morale subiettivo e negare il risarcimento del danno biologico all'integrità psicofisica subito nel caso ad esempio riguardante il risarcimento per morte di un congiunto, in difetto della prova della patologia. Inoltre, sebbene nelle sentenze si riscontri un uso indistinto delle locuzioni danno psichico e danno esistenziale, tale categoria ricomprende una serie più ampia e diversa rispetto al danno psichico.
Infatti, recentemente dottrina e giurisprudenza sotto questa categoria di danni vi hanno ricompreso una serie di nocumenti non patrimoniali quali: il danno biologico, il danno alla vita di relazione, quello alla serenità familiare, alla vita sessuale, ecc.; queste situazioni di pregiudizio, seppur svincolate dal reddito del danneggiato e a prescindere dalla lesione di interessi patrimoniali, precludono lo svolgimento di attività abituali ed esistenziali dell'individuo.
(La risarcibilità del danno esistenziale viene fondata sul disposto dell'art. 2043 c.c., in quanto lo svolgimento di tali attività non remunerative costituisce un interesse dell'individuo che l'ordinamento tutela e la lesione del pacifico svolgimento di tali attività è un danno ingiusto e come tale risarcibile).
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