A seguito di un sinistro o incidente stradale mortale, il responsabile civile è obbligato oltre al risarcimento dei danni fisici e morali ai prossimi congiunti del defunto, anche dei danni patrimoniali che questi hanno sostenuto e che dovranno sostenere a causa dell'occorso.
In particolare deve essere risarcito il cosi detto danno patrimoniale nelle sue due forme giuridiche : lucro cessante e danno emergente.
Il danno emergente nei sinistri mortali si potrà identificare con tutte quelle spese che i congiunti ed i familiari del defunto hanno sostenuto a causa del decesso. Esempi classici sono le spese ospedaliere e degli interventi medici (se la morte è occorsa successivamente all'evento), le spese di chiusura utenze e dismissione dei beni del "de cuius", le spese funerarie (le quali comprendono non solo quanto speso per il funerale e la tumulazione, ma anche le spese future per la manutenzione e rinnovo dei contratti cimiteriali).
Ad ogni buon conto, vengono ricomprese in questo ambito tutte le eventuali spese che a qualunque titolo sono strettamente correlate all'evento "morte". Le persone qualificate a richiedere detto risarcimento sono coloro che hanno sostenuto in prima persona dette spese, ovviamente devono essere prodotti i giustificativi e tutta la documentazione probante.
Il danno patrimoniale come lucro cessante nei sinistri mortali è invece materia più complessa, in quanto non facilmente quantificabile e suscettibile di interpretazione. Tale tipologia di danno consiste infatti nella diminuzione di contributi o sovvenzioni, oppure nella perdita di utilità che, per legge (ad es., ex art. 230 bis, 315, 433 c.c.) o per solidarietà familiare, sarebbero state conferite dal soggetto scomparso a causa dell'evento "morte".
Per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante, chi lo domanda ha il rigoroso onere di provare - anche per presunzioni, ex art. 2727 c.c. - una stabile contribuzione del defunto in proprio favore od a favore del bilancio familiare.
La sola natura del rapporto parentale, ovvero il solo fatto della convivenza col defunto, pur costituendo un indizio circa l'esistenza della contribuzione, sono insufficienti a far presumere l'esistenza d'una stabile contribuzione del defunto in favore dei congiunti superstiti, la quale potrebbe ammettersi soltanto ove si dimostrasse - ad esempio - l'insufficienza dei redditi dei familiari superstiti al sostentamento economico (producendo ad esempio il reddito dei componenti e la documentazione delle spese, provando in tal modo che le spese superano le entrate senza il reddito del defunto).
In altri termini, il diritto al risarcimento nei sinistri mortali del danno patrimoniale, che spetta, a norma dell'art. 2043 c.c., ai congiunti di persona deceduta a causa dell'altrui fatto illecito, richiede l'accertamento in concreto che i medesimi siano stati privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a fruire in futuro ove il de cuius non fosse venuto meno.
Tale prova risulta facilmente producibile in caso di morte ad esempio di un genitore o di altra persona adulta, in quanto basterebbe presentare le dichiarazioni dei redditi del defunto.
Maggiori difficoltà si avrebbero invece dovendo provare che al momento dell'occorso il de cuius non percepiva reddito, ma che lo avrebbe percepito in futuro, contribuendo al bilancio familiare (così, ad esempio, per la morte di un figlio studente, il genitore ovvero altro congiunto è chiamato a provare il supporto economico che il figlio avrebbe garantito alla famiglia una volta entrato nel mondo del lavoro).
In via di massima, il danno patrimoniale per lucro cessante spettante ai prossimi congiunti e derivante da sinistro mortale,si calcola moltiplicando la somma di reddito del "de cuius" che percepiva il familiare superstite nel corso di un anno e moltiplicarla per la vita media che avrebbe vissuto il defunto senza l'evento "morte".
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